Ciclista responsabile

Anche discipline come il ciclismo o il cicloturismo possono provocare danni se non si stabiliscono delle regole che rispettino l’ambiente e il territorio.

Ciò che pensa, e scrive, Trevor Ward mi dà sempre la possibilità di riflettere sul ciclismo nel senso più ampio del termine. Nel suo ultimo “Fanalino di coda” (che puoi leggere qui) Trevor rivela, almeno parzialmente, un luogo in Spagna poco conosciuto ma perfetto per il ciclista che cerca qualcosa di nuovo da scalare in sella alla sua bici. Ci dice poco della sua esatta localizzazione perché in cuor suo vorrebbe mantenerlo segreto per evitare che diventi meta turistico-ciclistica presa d’assalto dai tanti appassionati al pari delle località note a tutti gli appassionati.

Chiaro, la sua è una provocazione. Utile però a farci soffermare sull’impatto che anche discipline come il ciclismo o il cicloturismo possono provocare se non si stabiliscono delle regole che rispettino l’ambiente e il territorio. Scrive Trevor: “Mentre il mondo si rimpicciolisce, il paradosso dei viaggi del XXI secolo è quello di trovare un luogo ‘inesplorato’ solo per poterlo immortalare fino all’ultimo pixel. Vogliamo tutti essere dei moderni conquistadores, solo che in questi giorni viaggiamo per ore invece che per mesi, rischiamo un’insolazione invece che lo scorbuto e portiamo con noi un carico di altri turisti piuttosto che valori culturali significativi”.

Insomma, anche chi va in bici deve fare la sua parte proprio perché, continua Ward “mi piace il fatto che le persone vadano in bicicletta anche semplicemente per raggiungere la scuola o il lavoro, non perché vogliano vantarsi in un mondo in cui le corse in bicicletta vengono giudicate in base alla quantità piuttosto che alla qualità”.

...la bici, l’andare in bici, può davvero cambiare in meglio il mondo

Tutto questo per sottolineare che la bici, l’andare in bici, può davvero cambiare in meglio il mondo al pari di tante altre attività virtuose e sostenibili necessarie per curare la salute assai precaria del nostro pianeta. Vale per il pendolare su due ruote, per il ciclista viaggiatore, per il campione del WorldTour.

A tal proposito va sottolineato come persino l’Uci, l’Union Cycliste Internationale, il massimo organo mondiale che regola il ciclismo agonistico, abbia compreso il bisogno di fare subito qualcosa di concreto in favore dell’ambiente e dello sport che rappresenta, realizzando un Manifesto intitolato UCI Climate Action Charter composto da otto punti d’intervento a cui potranno aderire società sportive, organizzatori di gare e, più in generale, tutto l’immenso e variegato mondo dei ciclisti.

“La scienza ci dice - si legge sulla carta d’intenti - che la bicicletta ha un ruolo fondamentale nell’azione globale per il clima. Come famiglia ciclistica unita, ci assumeremo la responsabilità di affrontare queste sfide riducendo l’impatto del nostro sport sull’ambiente e promuovendo i benefici di un maggiore utilizzo della bicicletta per lo sviluppo sostenibile”.

Noi di Cyclist ci siamo. Da sempre. Continueremo a proporre ciclismo che fa bene al corpo, alla mente. E all’ambiente.

Vittorio Nava

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