Città 30, per esempio

Ambiente, mobilità, sicurezza, benessere. Ogni ciclista responsabile sa bene quanto sia giusto impegnarsi per raggiungere obiettivi concreti che diano un senso a temi così attuali. E urgenti. Città 30, per esempio...

"Traffico" ciclistico ad Amsterdam. (Foto Raffaella Cegna)

Città 30. Una parola e un numero che, messi insieme, hanno scatenato reazioni contrapposte fra chi ritiene sacrosanto limitare la velocità nei centri urbani (trenta chilometri orari appunto) per proteggere chi non usa l’auto e va a piedi o in bici e chi invece lo liquida come un tentativo inutile, anzi dannoso di risolvere un problema che meriterebbe ben altro.

Sul fatto che serva anche fare altro credo non ci siano dubbi. Ma a rendere degna di attenzione la proposta di rallentare i mezzi motorizzati sono i numeri. Drammatici: “Con una media di 561 feriti e 7,9 vittime ogni giorno, 1 ogni 3 ore, soprattutto in ambito urbano, gli incidenti stradali attualmente sono in Italia la prima causa di morte per i giovani”. Sono dati Aci/Istat 2021 diffusi da un gruppo di associazioni che non può non essere ascoltato: Legambiente, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, Ancma, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi e Amodo.

Parte proprio da loro “Città 30 km/h: un modello di mobilità sostenibile e sicurezza stradale efficace” e la richiesta di un incontro con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti resa pubblica da una lettera inviata a Matteo Salvini lo scorso 13 gennaio.

La lettera fornisce dati interessanti e spunti su cui è francamente difficile dissentire. Per esempio, si legge che “il 73% degli incidenti stradali in Italia avviene sulle strade urbane e le prime tre cause sono distrazione alla guida, velocità eccessiva e mancate precedenze”. E come se non bastasse “l’incidenza della mortalità in ambito urbano arriva al 44% mentre in molti paesi europei è del 25-30%. siamo tutti consapevoli che la priorità degli interventi relativi alla sicurezza stradale deve avere particolare riguardo alle città, ove quattro morti su cinque sono utenti vulnerabili della strada”. Già, quando non usiamo l’auto o la moto e pedaliamo in bici siamo utenti vulnerabili della strada.

L’ultimo, tragico fatto ha visto coinvolto persino un grande del ciclismo italiano, Davide Rebellin, ricordato dal nostro Davide Mazzocco, il quale pone l’accento sulla necessità di fare subito qualcosa per evitare il maggior numero possibile di incidenti e di vittime. Ogni ciclista responsabile sa bene quanto sia giusto impegnarsi per raggiungere obiettivi concreti che diano un senso a temi così attuali. Città 30 non sarà la soluzione che risolverà tutti i problemi della mobilità sostenibile ma significa andare nella direzione giusta e, se non fosse chiaro, arrivare a dimezzare i casi di mortalità.

Molte metropoli europee hanno già aderito: Grenoble, Parigi, Bruxelles, Helsinki, Valencia, Zurich, Lille e Bilbao, Londra. In Italia più di cinquanta città stanno avviando percorsi per diventare Città 30, “consapevoli che - in conformità con quanto richiesto dal Pnss 2030 (il Piano nazionale della sicurezza stradale) - occorre trovare le risorse per pianificare interventi soprattutto strutturali e non solo di segnaletica, oltre che a monitorare i risultati”. Speriamo bene.

Noi di Cyclist continueremo a tenere alto il livello di attenzione sui temi che più ci stanno a cuore: ambiente, mobilità, sicurezza e benessere. È ciò che pretende il ciclista moderno.

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