Il Deserto del Galles

Con una guida “doc” pedaliamo in gravel alla scoperta delle Cambrian Mountains, tra paesaggi remoti e sterrati nella foresta.

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La salita alla foresta di Irfon, appena superata la metà del percorso. Foto Gavin Kaps/Osprey Imagery

Spero che voi ragazzi siate preparati. Diventa un viaggio verso terre piuttosto remote da qui in poi”. Il contadino all’ingresso della foresta di Irfon ha una faccia preoccupata, ma non sa che è proprio questo il motivo per cui siamo qui: per sfuggire al resto del mondo e perderci nell’ignoto, almeno in senso metaforico. E forse anche letterale, dal momento che davanti a noi si apre un labirinto di sentieri di ghiaia che si intrecciano nel tessuto della campagna gallese.

Conosciuti come “il deserto del Galles”, le Cambrian Mountains (i Monti Cambrici) sono una meta non molto considerata da chi ama fare turismo in bici: un po’ perché hanno vicino mete illustri come i parchi nazionali di Snowdonia e Brecon Beacons, molto per il fatto che questa regione è così remota da risultare in gran parte inaccessibile... a meno che non si sia dei veri amanti del fuoristrada. Al di fuori della Scozia, ci sono davvero pochi posti nel Regno Unito come questo: paesaggi incontaminati dalla mano della modernità, uguali a com’erano centinaia di anni fa e dove è possibile pedalare in totale solitudine. Se vi piace il genere, tutto questo non è affatto un deterrente, ma accresce il fascino e la voglia di trovarsi lì in mezzo.

Foto Gavin Kaps/Osprey Imagery

Salite e inganni ottici

Il sole di luglio sta già salendo gradualmente nel cielo, mentre ci lasciamo alle spalle l’antica città di Llandovery. Il nostro percorso ci porta brevemente verso nord lungo la strada principale, prima che una brusca curva a destra ci immetta di botto in quello che sembra un innocuo viottolo di campagna. Ma che ben presto mostra la sua vera natura quando l’asfalto inizia a mettersi un po’ troppo velocemente in pendenza per le nostre gambe che non hanno ancora trovato il giusto ritmo. Le chiacchiere mattutine svaniscono per essere sostituite da un silenzio rotto solo dal nostro respiro sempre più affannoso, mentre la salita ci costringe a staccarci dalla sella per domare le sue pendenze a due cifre. È una di quelle salite che ti beffano di continuo: ogni leggera curva fa pensare che la fatica sia finita, ma poi ecco comparire all’ultimo un altro duro tratto da scalare.

Alla fine, ecco che si intravede il vero crinale della collina, con una leggera discesa che ci introduce al primo fuoristrada della giornata e con la tregua dalla salita che si rivela di breve durata. Dopo aver imboccato l’ampia strada sterrata che conduce nella foresta di Crychan, si ricomincia infatti a salire: ancora una volta ci ritroviamo in silenzio, pedalando fianco a fianco nell’aria del primo mattino, piena di canti di uccelli e del melodico fruscio delle cime degli alberi che fluttuano sopra le nostre teste.

Vivo in Galles e ogni volta che ho pedalato in questa regione, è stato l’immenso senso di distacco dal mondo esterno che mi ha colpito di più. Ecco perché, nonostante lo sforzo richiesto dalla salita, non potrei essere più felice, anche perché questa volta condividerò il mistico vuoto di questo paesaggio con Nick, al quale devo una vera uscita su sterrato da quando l’ho trascinato nel Lake District per una sfortunata avventura che alla fine è risultata più una gitarella in bicicletta che un giro in gravel. Qui credo proprio di riuscire a farmi perdonare: c’è un’incredibile offerta di percorsi sterrati di alta qualità e l’unica difficoltà… sta nel decidere quale scegliere.

Al di fuori della Scozia, ci sono pochi posti nel Regno Unito dove ti ritrovi a pedalare in una tale solitudine

Una pausa tra gli alberi ci permette di aprire una finestra sul mondo esterno, dove le pecore pascolano con nonchalance nel campo subito alla nostra destra, dietro il quale si estende un orizzonte dominato dalle grandi creste a dorso di balena dei Brecon Beacons. È uno scorcio fugace di uno dei più imponenti “skyline” del Galles, oltre che più impressionanti, prima che sia presto oscurato da una cortina di alberi. Quando poi ci avviciniamo alla cima della salita, la foresta si dirada, rivelando distese di erba selvatica punteggiata da cardi dalla testa viola e interrotta qua e là dallo spuntare di radici rovesciate di alberi caduti.

Ora una discesa sinuosa richiede tutta la nostra attenzione per via di una sana disseminazione di rocce. Nick si spinge in avanti, con i suoi pneumatici che sollevano pennacchi di polvere che si appiccicano alla mia pelle umida di sudore. Quindi la pista si impenna, spingendo entrambi a impegnarci in un breve sprint per mantenere velocità, prima di depositarci bruscamente su una stretta strada asfaltata, costeggiata da distese di digitale di colore rosa-viola, lungo la quale un vento frizzante e rinfrescante soffia caritatevolmente sulle nostre spalle.

Un breve tratto di raccordo tra uno sterrato e l’altro ci vede passare Llanwrtyd Wells, nota soprattutto per essere la cittadina più piccola del Galles e che ci regala una rapida sosta al bar e la possibilità di rabboccare la borraccia prima di dirigerci verso la parte più remota e più impegnativa della nostra uscita in gravel. Per essere onesti, sarebbe anche possibile pianificare un percorso interamente su sterrato in questa regione, ma ciò significherebbe non avere la possibilità di fermarsi per un caffè e una fetta di torta. Forse sto davvero invecchiando, ma ammetto che nelle ultime uscite mi sono davvero goduto queste mini-pause durante la pedalata.

Foto Gavin Kaps/Osprey Imagery

Sotto il sole del deserto

Dopo il rifornimento di caffeina e zucchero - due dei migliori amici dei ciclisti - ci avviamo verso la foresta di Irfon andando incontro a una delle salite più dure della giornata. Come sempre accade quando invito Nick a pedalare con me, lui rimane innocentemente ignaro di ciò che lo aspetta fino a quando non è ormai troppo tardi e gli si para davanti l’imminente sofferenza di un’altra scalata da far accapponare la pelle. Questo nuovo tratto in verticale non è comunque troppo ripido, piuttosto è lungo ed esposto: il che significa che qualunque sia il tempo atmosferico, la vita in sella sarà dura.

Quando affrontiamo questa nuova salita, con le parole di avvertimento del contadino ancora fresche nelle orecchie, il sole è allo zenit. Molto raramente preferirei un cielo grigio e una fredda pioggerellina a un glorioso sole, ma questa è una di quelle occasioni. Il sentiero serpeggia lentamente verso la foresta e la promessa di un po’ d’ombra, ma per il momento pedaliamo a ritmo sostenuto sotto l’intensa luce solare, con rivoli di sudore che sgorgano dalla fronte e si riversano sulla terra battuta.

La mia bocca è secca come il terreno che stiamo scalando, quando finalmente raggiungiamo la linea degli alberi, dove si sente subito un po’ di fresco, senza più il sole che batte impietosamente sulle nostre schiene. La foresta in cui ora ci troviamo ha un’aria decisamente diversa, tanto che ci sono accenni di strade bianche, con la ghiaia candida e dura che scorre sotto i nostri pneumatici nel caldo del primo pomeriggio. Solo che al posto di avere intorno i vigneti e i casali della Toscana ci troviamo circondati da vaste distese di abeti Sitka, vibranti e pieni di pigne.

La discesa verso la riva del lago artificiale è ripida e a tratti insidiosa per via della ghiaia sparsa in certi angoli del percorso

Una rapida occhiata alle spalle rivela nuvole di polvere sollevata dai nostri pneumatici e persistente nell’aria calda del pomeriggio, l’unico segno del nostro passaggio in questo tratto isolato. Il nostro percorso ci porta ora nel cuore della foresta, dall’altro lato della quale si trovano le ampie e solitarie acque del lago artificiale di Llyn Brianne: la discesa verso la sua riva è ripida e a tratti anche insidiosa a causa dell’abbondante ghiaia sparsa in certi angoli, per cui servono concentrazione e anche un po’ di coraggio per non perdere il controllo delle nostre gravel.

Ritornati in sicurezza sull’asfalto, la strada si attorciglia intorno al bacino idrico, tuffandosi dentro e fuori dalle distese di alberi, finché alla fine attraversiamo un vecchio ponte e torniamo verso il limite della foresta. Questo nel mezzo del Galles, una parte del mondo in cui il concetto di strada pianeggiante semplicemente non esiste… e infatti non ci vuole molto prima che la pendenza torni a farsi sentire. Con le labbra secche e la preoccupazione di andare incontro a un’eccessiva disidratazione, la nostra attenzione si rivolge alla ricerca di acqua che, date le dimensioni del lago, non dovrebbe rappresentare un problema. Peccato che non ci sia un punto facilmente accessibile per raggiungere la riva e così continuiamo a pedalare rituffandoci nella foresta, dove le nostre orecchie si drizzano nell’udire il gorgoglio di un fiume.

Davanti a noi ecco comparire Soar-y-Mynydd, una caratteristica cappella imbiancata a calce che risale all’inizio del XIX secolo e a quanto pare è anche la più isolata di tutto il Galles. A dire il vero qui tutto sembra remoto, facendomi domandare da dove sia mai arrivata la congregazione che ha deciso di costruirla, visto che da tempo non si vede alcun segno di civiltà da queste parti. La cosa più preoccupante, in questo momento, è però l’acqua e fortunatamente, proprio ai margini della cappella, troviamo un passaggio per raggiungere il fiume e riempire le nostre borracce. Un po’ deludente, a dire il vero: l’acqua non è fredda, questo clima insolito l’ha resa per nulla rinfrescante. È comunque quello che serve per dissetarci e assicurarci il giusto rifornimento per il resto del viaggio: mica poco, perché il caldo non accenna a diminuire.

L’attraversamento del Camddwr, un affluente del fiume Towy, poco prima di Soar-y-Mynydd, la più remota cappella del Galles. Foto Gavin Kaps/Osprey Imagery

Ritorno a casa

Un’altra severa prova ci attende quando ci lasciamo alle spalle la cappella, inforcando il vecchio sentiero di una fattoria aggrappata al fianco della collina di fronte a noi, che ci porta verso un terreno più in alto. Qui la mia domanda sulla congregazione trova una risposta, perché ora posso vedere una manciata di vecchie fattorie “infilate” negli avvallamenti del terreno e le greggi di pecore che pascolano nei campi intorno e che dal nostro alto punto d’osservazione sembrano tanti fiocchi di ovatta sparsi qua e là. Ancora una volta il lago artificiale si mostra sotto di noi, ma solo ora mi rendo conto delle sue reali dimensioni potendolo vedere per tutta la sua lunghezza.

I rami di legno vecchi e secchi schioccano sotto le nostre ruote mentre passiamo accanto a grandi cataste di tronchi d’albero impilati come fiammiferi

Rami di legno vecchi e secchi schioccano sotto le nostre ruote mentre passiamo accanto a grandi cataste di tronchi d’albero impilati come fiammiferi ai lati del sentiero. Un rombo lontano segnala l’arrivo di un camion per il trasporto di legname, seguito da grandi nuvole di polvere che si alzano nel cielo: ci mettiamo al riparo e, quando alla fine ci passa davanti, non possiamo che proteggerci stando con la testa china e le braccia davanti agli occhi. Ripresa la pedalata, le ondulazioni del terreno continuano a fare il loro dovere, ma nessuno dei due attacca più le salite con lo stesso gusto con cui le avevamo affrontate all’inizio della giornata, sentendoci poi molto sollevati quando arriviamo alla fine del lago artificiale.

Attraversiamo quindi il muro della diga e riprendiamo la strada, felici del fatto che i chilometri rimanenti sono prevalentemente in discesa e su asfalto scorrevole. Desiderosi di tornare a Llandovery, anche solo per l’idea della bevanda giacchiata che ci attende, facciamo a turno nel dare il ritmo, ognuno però chiuso nel suo piccolo mondo. Alla fine, quando raggiungiamo la periferia della città, Nick mi si affianca con un sorriso stanco sul volto per dirmi… che tutto è perdonato per quella nostra disavventura nel Lake District.

Il percorso

Puoi scaricare questo percorso QUI, oppure scansionare il codice QR qui sopra. Con un sacco di fuoristrada e poca segnaletica, non è un tracciato da fare senza il GPS da bicicletta, ma in ogni caso ecco i punti di riferimento di base...

Da Llandovery, al confine nord-occidentale del Parco nazionale di Brecon Beacons, si segue la A483 a nord per 4 km prima di svoltare a destra su una strada a una sola corsia per 2,5 km fino a quando non si vede un cartello della Forestry Commission con l’indicazione Cefn Farm.

Si procede quindi verso nord attraverso la Crychan Forest fino a raggiungere la strada che porta a Cefn-gorwydd. Quindi bisogna svoltare a sinistra per Llanwrtyd Wells (una buona sosta per il caffè), per poi dirigersi verso sud e uscire dalla A483 all’indicazione per Irfon Forest. Da qui si seguono i sentieri e le strade a nord-ovest per costeggiare il lago artificiale Llyn Brianne, per poi prendere la strada verso sud che passa da Cilycwm e riconduce infine a Llandovery.

Il servizio completo è pubblicato sul numero 64 di Cyclist magazine

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