Passo dello Spluga, perfezione alpina
Il Passo dello Spluga è l’ultima salita ad essere entrata nel pantheon delle grandi al Giro d’Italia. Cyclist è andato a scoprire cosa la rende così speciale.



Foto Alex Duffil
Petricore è il nome dato al dolce odore della pioggia quando rimbalza sulla terra secca. Deriva dalle parole greche petra che significa pietra o roccia, e ichor, che si traduce approssimativamente come la linfa che scorre nelle vene degli dèi. Il profumo è così inebriante che sembra giustificare origini tanto divine. In questo momento si sta mescolando con la fresca fragranza alpina che emana dagli alti alberi e con l’aroma muschiato del sottobosco per creare una specie di Vicks Vaporub naturale che inalo con piacere a pieni polmoni.
L’aria frizzante ha arrossato le mie guance, donandomi quel tipo di carnagione che anche il piccolo principe George, primogenito di William e Kate d’Inghilterra, invidierebbe. La pioggia gelata mi punge le mani e le immerge in un formicolante torpore; anche le gambe si inumidiscono, diventano più fredde e cominciano a pizzicare. A parte il ticchettio della grandine che rimbalza sul mio casco e il suono dei campanacci in lontananza, odo solo silenzio.
Eppure, nonostante la pioggia, ho desiderato questo momento, la sensazione di essere di nuovo in montagna sulla mia bici. Mi mancava la quiete, la calma. È stato un anno difficile a causa del Covid, con le chiusure e restrizioni, nonché l’interminabile sequela di notiziari e meeting online che ne sono derivati. E, sì, ci sono molti problemi più urgenti a questo mondo che non poter andare in bicicletta dove si vuole, ma mentirei se dicessi che non mi sento leggermente sopraffatto dall’emozione pedalando nuovamente in cima a una montagna.
Sono 30,2 km di pura perfezione alpina, punteggiati da paesini caratteristici e laghi.
E che posto per provare queste sensazioni: l’Italia, per molti (me compreso) il più grande paese di tutti. Questa è una nazione che può avere opinioni molto tradizionali in fatto di calcio e cibo, ma che quando si tratta di ciclismo antepone il brio alla semplice performance. Questa è la terra delle dolci colline toscane, delle torreggianti Dolomiti e delle austere Alpi.
È un paese che brulica di bellezza ad ogni curva e che ospita una salita di cui molti probabilmente non avevano mai sentito parlare fino a quest’anno, quando ha fatto il suo debutto nella penultima tappa del Giro d’Italia. Il Passo dello Spluga è una salita che ha tutto, dai tornanti che salgono a spirale alle imponenti gallerie, dalle cascate mozzafiato ai verdi pianori.
Sono 30,2 km di pura perfezione alpina, punteggiati da paesini caratteristici e laghi. C’è persino un negozio di souvenir nei pressi della cima.






Una volta che le nuvole si diraderanno, le temperature saliranno. Foto Alex Duffil
In mani sicure
La mia guida di oggi è Imad Sekkak e ha una storia da raccontare. C’è stato, infatti, chi si è offerto di scrivere un libro su di lui, tanto è stimolante il suo vissuto. All’età di 12 anni, Imad emigra dal Marocco in Italia in cerca di una vita migliore. Non accompagnato da genitori o fratelli, arriva da solo nella città di Lecco, dove trova un porto sicuro nella comunità Casa don Guanella.
Ben presto Imad entra a far parte di una famiglia che ama il ciclismo, e si scopre che ha un talento naturale. In breve tempo Imad vince alcune gare locali, poi comincia a vincere anche delle gare nazionali facendosi notare. Nel 2018 l’UCI lo invita nella sua sede in Svizzera per correre come parte del suo Development Team di giovani. Mentre è lì, gareggia ai Campionati Mondiali Junior di Innsbruck nel 2018 per il Marocco e poi corre per la squadra dell’UCI al Tour de l’Avenir, la prestigiosa corsa a tappe under 23, nel 2019.
Da lì Imad trascorre due settimane con la squadra Eolo-Kometa di Alberto Contador all’inizio del 2020, con la possibilità reale di ottenere un contratto da professionista. Poi è arrivato il Covid. Ogni possibilità di diventare professionista è stata congelata. Ne è seguito un comprensibile vacillare dell’impegno e una perdita di tempo. Imad ha solo 21 anni e crede ancora di poter diventare un professionista, ma per ora guidare i turisti sulle Alpi per conto di BikeItBellagio fa scorrere le giornate.
La salita inizia non appena lasciamo Chiavenna e non ci darà tregua per i primi 13 km.
Lo Spluga è la salita preferita di Imad perché è alla Chiesa di San Giovanni Battista, a metà della salita, che si è formata la comunità che lo ha accolto in Italia una decina di anni fa. Conosce ogni centimetro di questa salita come le sue tasche, ogni tornante, ogni galleria. Condivide con me alcune di queste sue conoscenze mentre finiamo i nostri cappuccino e brioche alla crema prima di partire dalla cittadina di Chiavenna.
Scopro che non ci sarà alcun riscaldamento. La salita inizia non appena lasciamo Chiavenna e non ci darà tregua per i primi 13 km. Imad però mi assicura che il primo terzo di salita ha una pendenza regolare e che mi faciliterà la corsa. Risalendo il torrente Liro, la mancanza di tornanti rende le fasi iniziali della salita un serpeggiare sinuoso attraverso una gola dalle alte pareti fino a raggiungere le sponde del Lago di Prestone, il primo dei due laghi sulla nostra salita di oggi.
I chilometri scorrono mentre Imad racconta la sua storia e io fingo con classe di poter eguagliare la sua forza sui pedali. Dopo 2 km di strada piatta raggiungiamo Campodolcino, dove la strada si biforca. Se prendessimo a sinistra ci dirigeremmo verso Isola, che è dove all’inizio di quest’anno il Giro ha raggiunto la salita dello Spluga nella sua tappa numero 20, dopo essere arrivato dalla Svizzera. Se hai visto quella tappa te la ricorderai per l’eccezionale performance del super-gregario della Ineos Dani Martínez al servizio della maglia rosa Egan Bernal, che probabilmente è stata decisiva per la vittoria di Bernal. La ricordo anche per alcune delle immagini più mozzafiato di tutte le tre settimane.




Le gallerie e i tornanti a metà della salita al Passo dello Spluga sono i veri gioielli di questo percorso. Foto Alex Duffil
Il tunnel dell'amore
Per quella che sembra un’eternità, quando lasciamo Campodolcino entriamo e usciamo da una sequenza di gallerie e tornanti che ci fa guadagnare quota sul versante della montagna con pendenze a due cifre. C’è un senso di mistero nel percorrere una galleria di montagna. La temperatura si raffredda e la luce si ammorbidisce; i sensi si acuiscono mentre perdo la percezione di dove mi trovo.
La mia concentrazione diventa più nitida mentre il fruscio delle ruote in carbonio e lo sbuffo del mio respiro riecheggiano sulla roccia frastagliata che mi circonda. Il mio monologo interiore mi sta dicendo di pestare sui pedali sui pedali, mentre le mie gambe vanno sue e giù come pistoni a tempo perfetto. È ipnotico. Due chilometri durano un’eternità mentre assaporo questo sogno ad occhi aperti. Non voglio che finisca.
Eppure, quando finalmente sbuchiamo al bivio per Madesimo, la concentrazione è interrotta dal fragore di una cascata sulla parete rocciosa. Tutto quello che vorrei fare è tornare indietro e rifare tutto da capo, ma la mia vocina interiore si fa sentire per ricordarmi il mio destino di oggi: l’unica possibilità è la salita. Se dovessimo girare a destra, a questo punto finiremmo a Madesimo e all’Alpe Motta, dove la tappa del Giro ha tagliato il traguardo.
Fino a questo punto il Passo dello Spluga è stato claustrofobico, quasi asfissiante.
È anche il luogo dove molti milanesi si recano per le vacanze invernali sugli sci, dato che non costa la stessa fortuna della vicina St Moritz. Tuttavia, non stiamo svoltando, continuiamo dritti su per la salita verso il confine svizzero. Fino a questo punto il Passo dello Spluga è stato claustrofobico, quasi asfissiante. Con i primi 21 km tra alti alberi e con lunghe gallerie; i panorami ci hanno stuzzicato solo con scorci occasionali, senza mostrarsi mai pienamente.
Quando usciamo dall’ultimo tunnel siamo a quota 1.700 metri e la presa in giro finisce. Il panorama si rivela in tutta la sua gloria, e io sono qui solo per apprezzarlo. Rimango a bocca aperta di fronte alla vastità delle montagne che ci circondano con le loro cime innevate, mentre sui pascoli a valle spiccano i puntini rossi delle case cantoniere.
Direttamente di fronte a noi c’è l’imponente muro di pietra della diga del Lago di Montespluga, bacino artificiale che attira la nostra attenzione con le sue acque increspate dal vento. Con tutti questi stimoli visivi che mi circondano la salita comincia a sembrare, oserei dire, facile. Il tratto di 2 km che si dipana lungo la sponda del lago è infatti abbastanza pianeggiante da permettermi di rifiatare, e c’è una parte di me che vorrebbe dare tutto negli ultimi 2 km che portano alla cima per poi lanciarsi nella discesa verso la Svizzera.
Imad, tuttavia, consiglia di percorrere gli ultimi 2 km in modo da goderci lo spettacolo, e in verità è un buon consiglio perché questa è la parte più bella della salita. Sbirciando sopra i tornanti in picchiata che serpeggiano sopra il lago scintillante, non posso fare a meno di ricordarmi di quanto mi mancassero viste come queste durante i bui giorni del lockdown.




Un posto di controllo abbandonato alla frontiera tra Italia e Svizzera presidia la cima della salita. Foto Alex Duffil
Il tuo nome non c’è, non entri
Mi è stato rifiutato l’ingresso in un nightclub solo una volta in vita mia, al Roxy di Oxford Street, e ricordo ancora quanto mi fece male. Certo, ero minorenne e non avevo nessun documento d’identità, ma non è questo il punto. Volevo davvero entrare, ma non potevo, e questo mi rese triste. Ho rivissuto quella sensazione in cima al Passo dello Spluga.
A due passi dalla vetta, un messaggio del governo svizzero mi arriva sul telefonino. Mi informa che se intendo entrare in Svizzera, come cittadino britannico dovrò stare in quarantena per dieci giorni, senza eccezioni. Non mi è nemmeno permesso di assaggiare l’asfalto elvetico. Se vado oltre la vetta sarò passibile di una multa. E, come mi ricorda Imad, sarà una multa svizzera e quindi non sarà economica.
...una strada che per 9 km si contorce più di John Travolta in Saturday Night Fever.
La nostra corsa viene fermata, la possibilità di sperimentare il lato svizzero della montagna mi viene negata, proprio come quando quel buttafuori mi mandò via tanti anni fa. E la cosa è particolarmente dolorosa perché davanti a noi c’è un pezzo di magia architettonica: una strada che per 9 km si contorce più di John Travolta in Saturday Night Fever. Ma il Covid ha colpito di nuovo. Speriamo solo, caro lettore, che quando pedalerai su queste strade l’emergenza sanitaria sarà solo un ricordo e non dovrai fare i conti con restrizioni di alcun genere.
Con Imad, purtroppo, siamo costretti a una rapida inversione di marcia e a una discesa di 30 km per tornare a Chiavenna. A parte una breve sosta obbligatoria nel negozio di souvenir a Montespluga per comprare un magnete da frigo, percorriamo la discesa in poco meno di un’ora. Le gallerie che ci sembravano così attraenti all’andata diventano snervanti durante la discesa, mentre voliamo negli stretti e bui abissi, pregando che un’automobile non sopraggiunga dalla parte opposta. Ecco, dopo mesi e mesi di lockdown e di lavoro da casa, in smart working, questi sono i brividi che desideravo tanto provare di nuovo.
Il percorso di Cyclist
Per scaricare questo percorso clicca qui o scansiona il codice QR.
Parti da Chiavenna, circa 20 km a nord del lago di Como. Prendi la SS36 fuori dalla città, seguendo le indicazioni per il Passo Spluga. Ora si tratta semplicemente di rimanere sulla stessa strada per i prossimi 30,2 km, che salgono verso il Lago di Montespluga e verso il confine con la Svizzera. Si possono aggiungere altri 18 km e 660 metri di dislivello scendendo a Splügen sul lato svizzero prima di fare il viaggio di ritorno a Chiavenna.
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Cyclist magazine numero 58
Il servizio completo è pubblicato sul numero 58 di Cyclist magazine.