Dieci giorni dieci Duemila
Il racconto di un bikepacking su alcuni dei colli più alti delle Alpi franco-italiane: Piccolo San Bernardo, Iseran, Croix de Fer, Galibier, Izoard, Vars, Cayolle, Bonette, Lombarde e Fauniera.
Ogni anno, quando arrivano i giorni lunghi dell’estate, ridivento l’allievo di due silenziose maestre: la bicicletta e la montagna. Alzandomi sui pedali della prima quando la seconda inizia a farmi sentire le ineludibili leggi della fisica, assaporo con gioia quella sana fatica che ci ricorda che siamo innanzitutto un corpo. È un esercizio che dura ore e ore, un doppio percorso di conoscenza di ciò che c’è fuori, ma anche di ciò che c’è dentro di me.
Ogni anno, quando arrivano i giorni lunghi dell’estate, ridivento l’allievo di due silenziose maestre: la bicicletta e la montagna.
Da tre estati a questa parte ho iniziato a esplorare le Alpi Francesi e piemontesi in modalità bikepacking, con un bagaglio di 6 chilogrammi nel quale non c’è spazio per il superfluo. L’unica trasgressione è un libro di 150 grammi, per il resto, come ha commentato acutamente un’amica alla vigilia della mia partenza, il mio è un radicale “esercizio di sobrietà”. Solitamente i progetti di bikepacking vengono abbozzati al termine del viaggio precedente: nei giorni in cui le pedivelle si fermano e per qualche giorno faccio un po’ di bike detox, inizio a pensare a un filo rosso per l’estate successiva, consulto mappe digitali e cartacee, ipotizzo le tappe del mio possibile itinerario con Openrunner calcolando chilometraggi e dislivelli.
Il viaggio inizia a vivere nella dimensione del sogno e questo sogno fa sì che nei mesi autunnali e invernali io abbia costantemente lo stimolo per allenarmi.
Nell’estate 2021 ho scalato sette montagne sopra i 2000 metri e la relativa facilità con la quale ho portato a termine quel viaggio mi ha spinto a ipotizzare un ulteriore innalzamento dell’asticella: perché non provare a scalare dieci colli sopra i 2000 metri? La mappa tracciata su di un foglio di carta è stata la mia stella polare nei 350 giorni fra l’idea seminale e la partenza, mesi nei quali ho percorso più di 10.000 chilometri, scalando salite a ripetizione, addomesticando l’aria rarefatta delle alte quote e migliorando il mio peso-potenza attraverso una dieta più equilibrata rispetto al passato.
Mai come quest’anno ho capito quanto sia vero che un viaggio si vive tre volte: quando lo si progetta e sogna, quando lo si affronta e quando lo si ricorda.
Mai come quest’anno ho toccato con mano quanto sia vero che un viaggio si vive tre volte: quando lo si progetta e sogna, quando lo si affronta e quando lo si ricorda. Quando i test di fine primavera (il Giro del Sestriere e la triplice scalata del Colle Fauniera) mi hanno rassicurato sulla mia buona condizione di forma, l’ipotesi di itinerario è stata cristallizzata in una sequenza di prenotazioni dei miei pernottamenti.
Ho scelto di partire di lunedì in modo da pedalare sulle strade valdostane in un giorno feriale e, a differenza dei miei primi due bikepacking lunghi, questa volta non sono partito in bici da casa ma ho preso un treno che mi ha condotto da Torino ad Aosta.
Le dieci tappe
25 luglio-3 agosto – 896 km in 70h00’ media 12,8 km/h,
dislivello complessivo 20.120 metri
- 25 luglio: I tappa Aosta-La Rosière – 66 km in 6h15’ media 10,5 km/h [Dislivello 2240 metri: Colle San Carlo + Colle del Piccolo San Bernardo]
- 26 luglio: II tappa La Rosière-Saint Michel de Maurienne – 138 km in 9h30’ media 14,5 km/h [Dislivello 2270 metri: Col de l’Iseran]
- 27 luglio: III tappa - Saint Michel de Maurienne-Allemond – 84 km in 7h30’ media 11 km/h [Dislivello 2165 metri: Col du Mollard + Col de la Croix de Fer]
- 28 luglio: IV tappa Allemond-Les 2 Alpes – 60 km in 6h00’ media 10 km/h [Dislivello 2130 metri: Col de Sarenne + Les 2 Alpes]
- 29 luglio: V tappa Les 2 Alpes-Briançon – 81 km in 6h00’ media 13,5 km [Dislivello 1810 metri: Col du Galibier]
- 30 luglio: VI tappa Briançon-Jausiers – 96 km in 7h30’ media 13 km/h [Dislivello 2590 metri: Col d’Izoard + Col du Vars]
- 31 luglio: VII tappa Jausiers-Jausiers – 79 km in 5h15’ media 15 km/h [Dislivello 1400 metri: Col de la Cayolle]
- 1° agosto: VIII tappa Jausiers-Isola 2000 – 81 km in 8h00’ media 10 km/h [Dislivello 2665 metri: Col de la Bonette]
- 2 agosto: IX tappa Isola 2000-Macra – 92 km in 8h10’ media 11,5 km [Dislivello 2185 metri: Col de la Lombarde + Colle Fauniera]
- 3 agosto: X tappa Macra-Torino – 119 km in 5h50’ media 20,5 km/h [Dislivello 665 metri: Colletta di Isasca]
I tempi sono dal punto di partenza al punto d’arrivo, sono lordi e comprensivi delle soste lungo il percorso.
Un caldo secco e un cielo terso mi hanno accompagnato nei 27 chilometri in leggera salita che ho percorso da Aosta a Morgex, località posta ai piedi del Colle San Carlo. Da lì caldo e umidità hanno reso ancor più impegnativi i dieci chilometri al 10% del primo colle del mio viaggio. Per buona parte dell’ascesa e nel primo tratto della successiva discesa la presenza delle conifere mi ha fatto entrare, anche psicologicamente, nella dimensione dell’alta montagna.
Dopo un breve spuntino a La Thuile, ho iniziato la pedalabile salita che mi ha condotto al Colle del Piccolo San Bernardo. Dopo la canicola e le pendenze in doppia cifra del Colle San Carlo, la scalata del primo Duemila del mio itinerario si è rivelata particolarmente piacevole grazie al fresco e a un serpentone decisamente pedalabile. Con lo sconfinamento in Francia e la discesa fino a La Rosière si è chiusa la mia prima giornata di viaggio.
La seconda tappa – la più lunga dell’itinerario – è cominciata con i 22 chilometri dell’agevole discesa da La Rosière a Seez. Sono partito alla mattina presto consapevole del fatto che avrei impiegato molte ore per pedalare lungo i 42 chilometri di salita del versante settentrionale del Col de l’Iseran. Il clima fresco e l’ombra hanno reso piacevole la prima parte dell’ascesa: nei 27 chilometri che mi hanno portato a Val d’Isère le uniche difficoltà sono state le rampe all’interno dell’abitato di Sainte-Foy-Tarentaise e in prossimità del Lac du Chevril e le sei gallerie che precedono la nota stazione sciistica transalpina. Il tratto pianeggiante nell’abitato di Val d’Isère è un vero e proprio spartiacque dopo il quale la salita cambia caratteristiche sia dal punto di vista paesaggistico che dal punto di vista tecnico: la vegetazione si dirada, le pendenze si inaspriscono e il paesaggio diventa pietroso e lunare.
Negli ultimi quindici chilometri il versante settentrionale dell’Iseran è parente stretto del Galibier e della Bonette, tutti colli alla cui sommità persino l’erba sparisce e la Natura si manifesta in tutta la sua maestosa potenza. Giunto ai 2770 metri dell’Iseran, dopo circa 5 ore di scalata, penso che i restanti 70 chilometri di discesa che mi separano da Saint Michel de Maurienne siano poco più di una formalità, ma mi sbaglio.
Dopo il primo tratto di discesa veloce e tecnica che conduce a Bonneval-sur-Arc, il vento contrario che sale dalla Maurienne mi impone un inatteso supplemento di fatica. Pause fotografiche e ristori inclusi, la seconda tappa si conclude dopo 9 ore e mezza.
Dopo una decina di chilometri di discesa attacco il serpentone di 47 tornanti che conduce al Col de la Confrerie. L’ascesa che inizia dal villaggio di Villargondran si sviluppa all’interno di un bosco che nelle prime ore della mattina garantisce ai ciclisti una scalata davvero piacevole. Giunti a La Confrerie si transita per Albiez-le-Jeune e si prosegue in salita verso Albiez Montrond.
La massiccia presenza di ghiaia nella salita che unisce le due località fa da preludio agli ultimi 1500 metri del Col du Mollard. Una decina di minuti di discesa mi conducono nella Valle dell’Arvan. Faccio una piccola deviazione a Entraigues per dissetarmi a una fonte dall’acqua buonissima conosciuta nel mio tour estivo del 2021. La signora Nicole che sta pulendo il bassin elogia la vita appartata di quel borgo montano che, come evidenzia il toponimo, è posto fra due torrenti: l’Arvan e l’Arvette. Il marito ha origini italiane: la sua famiglia emigrò in Francia dal Veneto nel 1936, per sfuggire alla povertà.
Nutrito e dissetato riparto per affrontare gli ultimi 14 chilometri del Col de la Croix de Fer con il sole allo zenit. Il tratto più impegnativo dell’ascesa è quello che attraversa Saint Sorlin d’Arves, uno sforzo che viene ripagato dagli spettacolari tornanti con i quali si conclude la salita, il terzo Duemila del mio itinerario. Nella lunga discesa che mi conduce alla meta di giornata non mancano tratti in contropendenza, uno dei quali propone addirittura una rampa al 12%. Allemond è una babele, sono i giorni del Triathlon de l’Alpe d’Huez la cui prova di nuoto si svolge proprio nel Lac du Verney.
Pochi metri dopo la partenza, il mio pedale destro mi lancia segnali poco rassicuranti. L’itinerario di giornata prevede la scalata del Col de Sarenne con salita dal lato per me inedito di Villard Reculas, ma il meccanico di Allemond non ha pedali di ricambio e mi indirizza verso la più fornita Le Bourg d’Oisans. Da Cycles & Sports mi cambiano pedali e tacchette a tempo record e attacco la salita all’Alpe d’Huez dal versante affrontato dal Tour de France un paio di settimane prima.
Sulla prima rampa dell’ascesa, dove la pendenza arriva al 14%, un signore olandese è fermo a bordo strada con la catena “incantata” sul padellone. Ha affittato la bici per scalare i 21 lacets dell’Alpe d’Huez, ma non sa come cambiare. Mi fermo a spiegargli come si usano i rapporti e poi riparto. La salita è affollata da una popolazione piuttosto eterogenea: ci sono ciclisti con gli occhi fissi sul computer e ragazzi con bicicletta a noleggio che salgono con le scarpe da ginnastica. Io sembro essere l’unico rappresentante della categoria dei cicloviaggiatori.
Nella parte finale dell’ascesa faccio amicizia con Tim, uno statunitense appassionato di sci di fondo che è già venuto in Europa per disputare la Vasaloppet e che nella “versione estiva” scala colli alpini. All’ingresso in paese lui gira la bici e mi saluta, io proseguo lasciandomi alle spalle una quindicina di gru che alimentano una nuova bolla edilizia post Covid. Non è un caso che dopo anni di stop il Tour de France sia tornato all’Alpe d’Huez: l’immagine di questo divertimentificio d’alta quota va periodicamente rivitalizzata perché i prezzi degli appartamenti possano restare a 10.000 euro al metro quadro, come mi ha spiegato un residente.
Sulla strada verso il Col de Sarenne il panorama cambia di colpo: la vegetazione scompare e lo scenario si fa arido, come se ci si fosse di colpo teletrasportati sulle montagne della penisola iberica. Negli 8 chilometri che conducono ai 1999 metri della Sarenne (per un metro un Duemila in meno, che beffa!) ci sono anche tratti in discesa per rifiatare prima dell’impegnativo chilometro conclusivo. Dopo lo scollinamento, nella tortuosa ma ben asfaltata discesa che porta al Lac de Chambon vale la pena fermarsi a contemplare il panorama allungando lo sguardo fino al ghiacciaio della Meije. La giornata finisce con la scalata verso Les 2 Alpes, una salita pedalabile, tecnicamente e paesaggisticamente dimenticabile.
Dopo la veloce discesa fino al Lac de Chambon, anche questa giornata inizia con una sorpresa: la voie verte che mi permetterebbe di evitare il chilometro del Tunnel del Chambon è chiusa per lavori. Affronto questa lunga galleria e le successive della lunga ascesa che conduce al Col du Lautaret. Faccio una breve sosta a La Grave, dove Clément mi spiega di avere appena finito un viaggio che lo ha portato dalla sua Grenoble fino a Lubiana lungo tutto l’arco alpino. Lui e i suoi amici hanno viaggiato con la tenda e circa 18 chilogrammi di bagaglio a testa.
Le nuvole si addensano sulla mia quinta tappa e nei chilometri che precedono il Lautaret inizia a piovere. Giunto al colle intermedio svolto a sinistra e attacco gli ultimi 8 chilometri del versante per me inedito del Col du Galibier. A cinque chilometri dalla cima, nel rettilineo del Vallon de la Roche Noire, la pioggia si intensifica, accompagnata da forti raffiche di vento. È un momento di grande difficoltà ma ragiono sul fatto che, una volta svoltato il tornante, le raffiche diventeranno a mio favore. In pochi minuti la furia del vento si placa e procedo sotto una pioggerellina che ha un effetto addirittura galvanizzante dopo tanti giorni di canicola.
Arrivo ai 2642 metri del Col du Galibier in uno stato di completa euforia: scatto e mi faccio scattare alcune foto e mi vesto con tutto ciò che ho di più pesante nel mio bagaglio leggero. In vetta al colle ci sono 9° C, circa 25° C in meno di quelli che ho dovuto sopportare nelle ore più calde del mio viaggio. Un po’ per il freddo e un po’ per la viscosità dell’asfalto, affronto la discesa che conduce al Lautaret con cautela. Dal colle intermedio a Briançon, invece, i freni restano aperti con una velocità che oscilla per una ventina di chilometri fra i 40 e i 60 km/h. Arrivo a Briançon asciutto, anticipando di pochi minuti una nuova pioggia.
Alla partenza di Briançon ci sono anche i miei amici Gianluca, Giada, Tanja, Marco e Andrea che sono venuti dal Piemonte per accompagnarmi nella tappa dei due Duemila. Affronto l’Izoard con un buon passo. Nel tratto pedalabile che precede Cervières vengo superato dalla nazionale italiana Under 23 scortata dall’ammiraglia. La giornata è ideale: cielo limpido, caldo secco, ottima compagnia.
È la sesta volta che scalo il versante settentrionale dell’Izoard, di gran lunga il colle francese che ho frequentato di più. Nella discesa che conduce ad Arvieux tocco gli 80 km/h, mio record assoluto di velocità in bici. All’attacco del Col du Vars il caldo è soffocante. Forte dell’esperienza del 2020, mi sono premunito facendo scorta d’acqua. Le pendenze prossime al 10% e il termometro superiore ai 35° C rendono la scalata particolarmente impegnativa. Ci prendiamo tutti un quarto d’ora di pausa alla salvifica fontana posta a metà della salita. Rigenerati dalla sosta affrontiamo l’ultima parte del Vars con una pedalata più brillante. La discesa verso Saint-Paul-sur-Ubaye è velocissima, così come il tratto di falsopiano discendente che precede Jausiers. Il dislivello di giornata è ragguardevole: 2590 metri.
Facendo tappa a Jausiers mi concedo il lusso di una domenica di relativo relax: andata e ritorno su un solo colle e senza il bagaglio. Il Col de la Cayolle da Barcelonette è la sorpresa più grande del viaggio, una salita bella dal primo all’ultimo chilometro, con una varietà di paesaggio che mi lascia davvero a bocca aperta: lo spettacolare tratto iniziale delle Gorges du Bachelard, l’attraversamento dei borghi montani di Le Villard d’Abas e Fours-Saint-Laurent, quindi il tratto di foresta all’interno del Parc National du Mercantour e l’epilogo sui pascoli d’alta quota fra i fischi delle marmotte.
Un’ulteriore conferma di una legge aurea delle cicloscalate: una salita si giudica solo dopo che la si è fatta salendo, ogni impressione raccolta scendendo non può che essere parziale, incompleta e approssimativa. Rientro a Jausiers e nel pomeriggio mi riposo in vista della tappa con il maggior dislivello dell’intero viaggio.
Alle 8.15 inizio la scalata insieme a Ferdinand, un 22enne bretone alla prima esperienza ciclistica sulle Alpi. Studia giurisprudenza alla Sorbonne e sta approfondendo gli aspetti giuridici del rapporto fra gli esseri umani e i lupi e gli orsi. Gli spiego che l’Ubaye, così come i territori con esso confinanti sono zone di diffusione del lupo e gli racconto di averne visto uno durante il mio viaggio in bici dell’estate 2020.
Quando le pendenze si fanno più importanti lo saluto e aumento il ritmo. Mi fermo a una fontana per riempire la mia borraccia e faccio un inatteso spuntino a base di lamponi selvatici cercandoli fra i cespugli a bordo strada. Più mi avvicino allo scollinamento, più il paesaggio si fa lunare. Arrivare ai 2802 metri del colle più alto d’Europa è sempre una grande emozione, ma non c’è tempo per indugiare in quota perché la giornata è ancora lunga. In circa 40 minuti di discesa raggiungo Saint-Étienne-de-Tinée e da lì proseguo verso Isola sfruttando la bella voie verte in sede propria che unisce le due località.
Il caldo e le percentuali in doppia cifra della prima parte del Col de la Lombarde rendono l’epilogo dell’ottava tappa del mio tour davvero impegnativo. Prima di arrivare a destinazione sono costretto a una serie di soste, purtroppo nessuna di queste confortata dall’acqua fresca di una fontana. L’arrivo nella località sciistica transalpina è forse il più agognato dell’intero viaggio.
Una partenza precoce e fresca mi consente di scollinare il Col de la Lombarde di primo mattino. Il versante italiano è come sempre uno spettacolo dal punto di vista paesaggistico e molto divertente da percorrere in discesa. Decisamente meno interessante è il tratto della SS 21 che unisce Vinadio a Demonte, martoriato dal frequente passaggio dei tir. Giunto a Demonte inizio la scalata del Colle Fauniera, ultimo Duemila del mio viaggio.
So quanto sia lunga e impegnativa la salita quindi centellino le forze e faccio affidamento sul mio “motore diesel” che, solitamente, mi fa dare il meglio nella parte finale delle ascese. I tratti ombreggiati che forniscono una tregua alla canicola agostana sono troppo pochi, ma superati i 1500 metri ci pensano le nuvole a mitigare il clima.
Faccio una sosta al Rifugio Carbonetto dove, dopo oltre una settimana, torno a mangiare un sostanzioso piatto di pasta. Il carico di carboidrati, un’oretta di relax e gli 8 chilometri che mi separano dal decimo Duemila sono lo stimolo per saltare en danseuse sui pedali godendomi lo straordinario panorama del più selvaggio dei colli cuneesi. Per la quarta volta nel 2022 arrivo al monumento dedicato a Marco Pantani, per poi iniziare la lunga e insidiosa discesa che mi conduce in Val Maira e più precisamente a Macra, località del mio ultimo pernottamento.
Rientro a casa dopo 896 km in 70 ore alla media di 12,8 km/h e 20.120 metri di dislivello superati.
La tappa che chiude il viaggio inizia con la discesa della Val Maira e prosegue con due brevi salite, la pedalabile Colletta di Rossana e la più impegnativa Colletta di Isasca. Dopo avere attraversato il saluzzese, percorro i 20 km della pista ciclabile della Via delle Risorgive e, attraverso la viabilità ordinaria o altre piste ciclabili.
Rientro a casa dopo avere percorso 896 km in 70 ore alla media di 12,8 km/h e avere superato 20.120 metri di dislivello. A ruote ferme inizia la terza vita del viaggio, quella del ricordo, difficile non confonderla con il progetto per il viaggio possibile, auspicabile e sognabile nei prossimi undici mesi e mezzo.
Le salite
I 10 Duemila
- Colle del Piccolo San Bernardo (2188 m)
- Col de l’Iseran (2770 m)
- Croix de Fer (2068 m)
- Col du Galibier (2642 m)
- Col d’Izoard (2361 m)
- Col du Vars (2108 m)
- Col de la Cayolle (2326 m)
- Col de la Bonette (2802 m)
- Col de la Lombarde (2351 m)
- Colle Fauniera (2481 m)
Le altre salite
- Colle San Carlo (1951 m)
- Col du Mollard (1634 m)
- Col de Sarenne (1999 m)
- Les 2 Alpes (1652 m)
- Colletta di Isasca (812 m)
Davide Mazzocco è giornalista e scrittore. Dopo oltre tre giri dell’Equatore in bicicletta la sua fame di strada e colli alpini è tutt’altro che placata. Quando le ruote sono ferme ama camminare in montagna, rifugiarsi nel buio di una sala cinematografica, viaggiare dentro le pagine di un libro.