Il lato selvaggio (e gravel) del Ventoux

I ciclisti si affollano sul Gigante della Provenza per sperimentare le sue famose strade ma, come ha scoperto Cyclist, ci sono più modi per scalare il Mont Ventoux rispetto a quelli resi celebri dal Tour de France.

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Una prospettiva differente sul Ventoso. Siamo appena sotto la famosa strada ma ci si sente distanti milioni di chilometri. (Foto Matt Ben Stone)

È metà mattina sulla stada sopra Bédoin e già il numero dei ciclisti supera dieci volte quello delle auto. La maggior parte di loro sta già usando la marcia più piccola e deve affrontare una lunga battaglia per scalare quella che è forse la montagna più famosa del ciclismo. Con i suoi 1.900 metri sul livello del mare, il Mont Ventoux, o Monte Ventoso, si erge solitario, apparentemente separato da qualsiasi altra catena montousa.

Dopo aver guadagnato qualche centinaio di metri di altitudine, usciamo dalla strada e lasciamo i nostri nuovi amici alla loro fatica su asfalto.

Questa salita è una vera superstar nel mondo del ciclismo – il suo profilo unico, le numerose apparizioni al Tour de France e la sua cima brulla sferzata dalle intemperie la rendono leggendaria. Il Ventoso attira i ciclisti di tutto il mondo per ripercorrere le orme di sofferenza dei loro eroi. Quasi ogni centimetro di asfalto riporta graffiti di incitamento, sia per i professionisti che per gli amatori. Dopo esserci sistemati nel corteo per la famigerata salita che porta allo Chalet Reynard e alla vetta del Ventoso, credo che nessuno si accorga quando abbandoniamo il nostro posto in fila per addentrarci nel bosco.

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Con un bel po’ di salita ancora da fare, la stazione meteorologica color lecca-lecca spunta tra gli alberi. (Foto Matt Ben Stone)

L'unico punto di partenza

Proprio come la maggior parte dei ciclisti che tentano il Monte Ventoso, la nostra giornata è iniziata nel grazioso comune di Bédoin. Punto di partenza per la maggior parte dei molti percorsi del Tour su questa famosa montagna, Bédoin si trova a circa 300 metri di altitudine. È estate inoltrata e nei terreni agricoli che circondano le strade fuori città la vendemmia è appena iniziata. Di conseguenza, ogni curva è appiccicosa per la fuoriusita dei camion automatici che spogliano le vigne. A sinistra si trova il nostro obiettivo della giornata: la stazione meteorologica sulla cima, con il suo pennacchio a righe bianche e rosse, che ricorda un lecca-lecca ed è appena visibile attraverso la foschia. Sulla destra, vigneti e campi di lavanda scendono verso il Mediterraneo. In breve, è l’apoteosi della Provenza. In città è giorno di mercato. Mentre gli abitanti si riforniscono di provviste, i bar si riempiono di gruppi di ciclisti, quasi tutti in viaggio nella stessa direzione. Data la sua posizione geografica, una volta lasciata Bédoin non c’è altra scelta che salire verso l’alto.

Anche se la città dà il nome al percorso più famoso del Ventoso, la salita vera e propria quella su cui potrete confrontare i vostri tempi con quelli di Pantani, Indurain o Virenque – inizia 5 minuti dopo, appena superato Les Bruns. Rallentati dalla salita sempre più ripida, ci troviamo in mezzo ai candidati della giornata: una fila quasi ininterrotta di ciclisti che si dirigono verso la vetta, la strada che percorrono si allunga sull’asfalto a curve alternate mentre taglia le pendici del Ventoso.

Scendere da una salita HC lungo sentieri e strade forestali è un intento molto diverso dalla discesa a ruota libera su strada asfaltata.

L’assenza di traffico motorizzato e l’obiettivo comune favoriscono il senso di cameratismo. Tuttavia, anche se stiamo tutti puntando alla stessa vetta, la mia guida e io abbiamo altri piani su come arrivarci. Così, dopo aver conquistato qualche centinaia di metri di dislivello, usciamo dalla strada e lasciamo i nostri nuovi amici alla loro fatica su asfalto. Invece di correre su per la strada per scoprire il nostro posto tra gli oltre 150mila tentativi al Ventoso registrati su Strava, vogliamo provare a forgiare una nuova rotta verso la cima. Ideata dal mio compagno di viaggio Spencer, cha ha la fortuna di vivere ai piedi della montagna, consiste nel percorrere i molto meno battuti ma altrettanto sbalorditivi sentieri gravel che attraversano la montagna.

Quando si imbocca il primo tratto di strada forestale, a circa 800 metri, il fondo sdrucciolevole rende subito evidente l’impegno supplementare che il nostro piano potrebbe comportare. Non sembra nemmeno che avremo molta compagnia. Il Ventoso è probabilmente la montagna più famosa del ciclismo e, ci scommetterei, è una meta ancora più intrigante del suo unico rivale per questo titolo, l’Alpe d’Huez. Tuttavia, questo significa anche che è una delle montagne più battute, più raccontate e fotografate del mondo. Non sorprende che sia una bella sfida trovare un nuovo punto di vista su di essa. Eppure, mentre giriamo intorno a una prima curva e vediamo la sua cima brulla e la sua famosa stazione meteorologica rossa e bianca che galleggia sopra una strada sterrata vuota, penso che potremmo averne trovato uno. Ora quello che dobbiamo fare è solo arrivare lassù.

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Inserire modalità di strada. Appena emersi dalla foresta c’è questa meravigliosa curva a sinistra. (Foto Matt Ben Stone)

Soli verso la meta

Su queste prime pendenze la cima si libra come una carota sopra di noi. Senza una guida del profilo, sia le mie gambe che un piccolo calcolo a spanne suggeriscono che il percorso che stiamo seguendo ha pendenze simili a quelle delle strada. Ciò significa che si aggira intorno al 10%, il che è già di per sé abbastanza difficile, ma qui sembra anche che ogni volta che il percorso diventa più ripido, la superficie si rompa ancora di più. Periodi di moderata tregua sono intervallati da sezioni in cui ogni altra roccia sembra determinata a bloccare le nostre ruote e farci scivolare all’indietro. A volte ci troviamo su quelli che sembrano essere i resti di superfici un tempo asfaltate, mentre altre volte il percorso è molto più accidentato.

In ogni caso, è il tipo di situazione che ti fa pensare che essere una guardia forestale con un 4x4 sarebbe un modo divertente per guadagnarsi da vivere. Alla fine, dopo circa 8 km trascorsi a risalire le curve di livello del versante meridionale del Ventoso, sbuchiamo finalmente fuori dagli alberi e ci inoltriamo in un tratto più pianeggiante. Stranamente per una montagna così vasta, la regione che il Ventoso domina è quasi del tutto pianeggiante. Tuttavia, la sua condizione solitaria non fa in qualche modo che rafforzarne la grandezza. Se si sceglie una qualsiasi altra montagna tra le Alpi, l’enorme numero di cime circostanti rende quasi impossibile valutare pienamente le sue reali dimensioni. Mentre così, da solo, è molto più facile farsi un’idea dell’enorme quantità di calcare che costituisce il Ventoso. È come se ogni roccia per centinaia di chilometri fosse stata spazzata in un mucchio e depositata in un angolo della Provenza.

Stiamo puntando verso il tratto problematico. Dritto e moderatamente ripido, la sua superficie è più da mountain bike che da gravel.

Ora, a circa 1500 metri di altitudine, ci si presenta un’ampia vista verso est, in direzione di Avignone e della Valle del Rodano. Con 400 metri di calcare ancora sopra di noi e dopo aver lottato fino a questo punto esclusivamente verso l’alto, la nostra traccia decide finalmente di smettere di contrastare la montagna. Invece si appiattisce e aggira il pendio occidentale della vetta, permettendoci di avanzare agevolmente lungo un sentiero che si snoda sul dorso della montagna, per poi riportarci sulla strada asfaltata del Ventoso.

La strada è improvvisamente più scorrevole, ma la sensazione di tregua dura poco: ci sono ancora quattro chilometri di strada Hors Categorie per arrivare in cima. Di nuovi in mezzo agli stradisti, questa volta quelli che affrontano la salita da Malaucène, i nostri pneumatici più grossi non ci rallentano molto, certamente non quanto la mia generale mancanza di forma fisica. Presto ci giriamo rivolti nuovamente verso la vetta, questa volta da nord. La sua nuova comparsa coincide quasi esattamente con il fatto che ci troviamo per la prima volta al di sopra della linea degli alberi. Questo ci permette di vedere chiaramente la restante serie di tornanti che si inerpicano goffamente sui pendii brulli e bianchi verso l’ago del Ventoso. La stazione meteorologica ci aiuta a proseguire e le tre ultime rampe verso la cima ci danno tutto il tempo di ammirare il panorama. Poi, con una rapida svolta su sterrato e sulla strada di vetta senza auto, all’improvviso ci troviamo accanto a un cartello che proclama “Cima del Ventoso 1910m” Anche il ciclista più apatico farebbe fatica a non scattarsi un selfie di nascosto. Un rapido controllo dei numerosi ciclisti che si aggirano nei dintorni conferma che, con i nostri pneumatici da gravel, siamo la minoranza tra i due generi. Infatti, durante l’intero percorsi di salita abbiamo visto solo un totale di due escursionisti e due mountain biker.

Dopo aver osservato per un momento lo strano paesaggio lunare dei versanti superiori del Ventoso, desolati e sferzati dal vento, il nostro pensiero collettivo va al pranzo. Sotto di noi si trovano i gradi più famosi della montagna. Inchiodati contro il pendio ghiaioso con paline da neve, è qui che si sono svolti gli episodi più memorabili del Ventoso. Ci giriamo e scendiamo. Passando davanti al monumento a Tom Simpson, ciclista britannico che morì proprio durante l’ascesa a questa montagna, quindi scendiamo a destra e scorgiamo il sentiero di ritorno che corre parallelo alla strada.

Trascorsi pochi minuti densi di forza di gravità, siamo piazzati allo Chalet Reynald e ci godiamo un mediocre, ma necessario, croque monsieur. A poco più di metà percorso e con tutta la salita alle spalle, sarebbe facile sedersi e congratularsi con noi stessi per il lavoro fatto. Tuttavia, venire giù da una salita HC lungo le strade forestali e i sentieri tagliafuoco è molto diverso dalla discesa a ruota libera su strada asfaltata. E questo già prima che il tempo ci mettesse lo zampino. Il nostro piano originale prevedeva di percorrere la parte posteriore del Ventoso su ghiaia prima di passare alla strada e affrontare l’ultimo tratto dallo Chalet Reynard e la vetta come un consumato professionista. Invece i temporali di ieri ci hanno lasciato dubbi sullo stato del penultimo tratto di ghiaia, e non volevamo perdere tempo su una salita probabilmente disseminata di rocce, abbiamo deciso all’ultimo momento di invertire la direzione.

La prospettiva che ci si presenta ora è quella di percorrere in discesa il tipo di sentieri che avevamo programmato di salire, e non sembrano troppo invitanti.

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Appena prima della vetta sulla strada che arriva da Malaucène. Ma con una discesa gravel da fare, il lavoro impegnativo è tutt’altro che finito. (Foto Matt Ben Stone)

Pericoli multipli

Proprio mentre sto valutando le probabilità di sopravvivere alla discesa su ghiaia, si avvicina uno degli enormi Patou, i cani da pastore tipici dei Pirenei e delle Alpi francesi. Impiegati per sorvegliare le pecore al pascolo, questi cani hanno una temibile reputazione. Per fortuna quelli del Ventoux sembrano ben abituati ai ciclisti. Infatti, questo esemplare in particolare sembra aver abbandonato il suo gregge ai lupi per mettersi a scroccare spuntini agli avventori del ristorante. Lasciandolo ai suoi avanzi, torniamo rapidamente sullo sterrato e ci troviamo di nuovo soli sulla montagna.

Abbarbicata sotto la strada che abbiamo appena disceso, l’ampia traccia gravel che stiamo percorrendo si snoda tra le pieghe della collina. Con i ciclisti che salgono verso la vetta ancora visibili sopra di noi, sembra di aver scoperto una sorta di secondo Ventoso segreto. Con il paesaggio circostante che raggiunge le note più alte, non tardiamo a fronteggiare il tratto che avevamo indicato come problematico. Dritto e moderatamente ripido, la sua superficie è più da mountain bike che da gravel. I recenti temporali l’hanno effettivamente scavato, ma mentre procediamo con cautela non è così complicato come temevamo, anche se ci sono dei massi erratici sul nostro cammino.

Con i ciclisti che si dirigono verso la vetta ancora visibili sopra di noi, ci sembra di aver scoperto una sorta di secondo Ventoso segreto.

Dopo averlo affrontato con l’attenzione e la diligenza che si richiedono a una persona cui è stato affidato un costoso prototipo di bicicletta e una polizza assicurativa di livello bronzeo, sono lieto di arrivare in fondo alla discesa senza nulla di peggio che le mani doloranti. Ci troviamo ad attraversare il sentiero che avevamo percorso all’andata, che segna di fatto il punto in cui i ciclisti in ascesa possono scegliere quale lato della salita affrontare. Basta che non si aspettino un cartello. Ormai diretti a Bédoin e a casa, prendiamo la diramazione che si inoltra in una vasta foresta che copre un pendio arcuato diretto alla pianura sottostante. Il nostro sentiero procede a zig-zag tra le famose strade che si snodano su entrambi i versanti, in picchiata tra curve che esistono solo per i mezzi di soccorso. È molto più ripido rispetto alla salita e gran parte della mia concentrazione è dedicata semplicemente a cercare di limitare le derapate a un livello moderato.

Dopo 16 km che richiedono una minima pedalata, arriviamo a Bédoin, con le braccia che urlano per i sobbalzi del trail e le facce che sorridono ebeti. Tornati in città, ci sediamo in un bar già pieno di ciclisti che rivivono le loro storie di una giornata trascorsa a sfidare il Gigante della Provenza. È già una bella sfida di per sé, di quelle che tutti i ciclisti dovrebbero provare, ma mi chiedo quanti dei miei compagni di viaggio abbiano mai pensato di abbandonare il famoso asfalto della montagna per il suo sterrato.

Non posso fare a meno di pensare che tutti loro si siano persi qualcosa, ma forse non è una cosa negativa – significa che abbiamo avuto a disposizione il lato più selvaggio del Ventoso tutto per noi, e siamo comunque arrivati in cima. Questo percorso non avrà forse la storia dell’asfalto del Ventoso, ma ci ha fornito qualcosa in più su questa montagna.

L'itinerario di Cyclist

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Segui il percorso meno battuto sul Gigante della Provenza Per scaricare questa traccia vai su cyclist.co.uk/122ventoux o scansiona il QR code. Da Bédoin, segui le folle sulla strada tradizionale che sale al Ventoso prendendo la D974 seguendo per Chalet Reynard. Dopo 8 km gira a sinistra lasciando l’asfalto per lo sterrato attraverso i boschi. Segui il sentiero verso nord per 11 km fino a ricollegarti con la D974 che sale da Malaucène circa 5 km sotto la vetta. Gira a destra e prendi la strada per la cima prima di continuare sulla D974 per Chalet Reynard (che è una buona fermata per pranzo). Dal rifugio, ritorna sui tuoi passi sopra la collina per 400 m, prima di girare a destra su una strada sterrata che prosegue ad ovest lungo la montagna, incrociando la stessa strada di partenza dopo circa 8 km. Continua verso ovest e poi verso sud finché non sarai di nuovo a Bédoin.

In sella a Vitus Venon Evo

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Vitus Venon Evo. (Foto Matt Ben Stone)

Se non avete mai sentito parlare della Venon Evo, è perché è così nuova che non è ancora uscita – questa bici è un prototipo che Vitus ha dato da testare a Cyclist. Sono semplicemente grato di non essermi schiantato su una delle discese di ghiaia del Ventoux. La bici si colloca tra quella da strada della Vitus, la Vitesse Evo, e la sua gravel, la Substance, ed è disegnata per essere confortevole su un vasto range di superfici – una bici “per tutte le strade”. Come tale può essere fornita con ruote di sezione profonda e un gruppo 2x se siete più orientati all’asfalto, o con cerchi poco profondi, pneumatici robusti e un gruppo 1x se siete più orientati al gravel. Io ho optato per un po’ di entrambi: cerchi profondi con pneumatici larghi e un gruppo 2x ma con una cassetta ad ampio raggio. Si è rivelata la configurazione perfetta per la combinazione di strada, ghiaia e pendenze elevate del Ventoux. Per mantenerla adeguata all’asfalto, il telaio della Venon Evo è leggero, la geometria è ragionevolmente sportiva, il cockpit è aerodinamico con cablaggio completamente interno e non ci sono punti di montaggio aggiuntivi per borse o parafanghi. Il punto di forza è lo spazio: il telaio accetta pneumatici fino a 40 mm. Se vi piace variare la vostra guida ma avete spazio per una sola bicicletta nel vostro garage, la Venon Evo merita un’occhiata.

Come l’abbiamo fatto

Ci siamo! (Foto Matt Ben Stone)

Travel

Bédoin dista circa sei ore e mezza da Milano. I voli per Marsiglia (l’aeroporto più vicino che dista poi circa due ore e mezza d’auto), da Milano e Roma, sono coperti anche da compagnie low cost e si possono trovare anche a poche decine di euro in alcuni periodi dell’anno.

Ospitalità

La base operativa del nostro soggiorno in Provenza è stata l’affascinante La Ferme des Bélugues. Situata in una posizione ideale per raggiungere il Ventoso, questo bed&breakfast e gîte si trova a breve distanza da Bédoin. Dotato di un’officina per le biciclette e di un’ampia gamma di ricambi, la struttura vanta anche una piscina e camere molto confortevoli. Il prezzo è di poco superiore ai 100 euro a notte.

Ringraziamenti

Un ringraziamento speciale va a Karen Spencer de La Ferme des Bélugues, che si sono presi cura di noi in modo eccellente e hanno anche pianificato il percorso. Un servizio cordiale è stato offerto da Provence Cycles nella vicina Malaucène, che sarebbe stata la nostra prima chiamata per riparazioni o noleggio. E per una birra dopo la corsa possiamo sicuramente raccomandare Le Flandrien a Bédoin.

Il servizio completo è pubblicato sul numero 66 di Cyclist magazine

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