Storie di ciclismo: l'elogio al gregario
Storie di borracce, storie di stanze, storie di ruote, storie di abbandoni, storie di fughe, storie di traini, storie di premi. Storie di chi non è mai sotto i riflettori se non per spingere.
Marco Pastonesi, storico giornalista della Gazzetta e per diciotto anni al seguito di Giro e Tour, ci guida (come un gragario) nel proletario del ciclismo.
Il gregario. Il maggiordomo, il domestico, l’assistente, l’aiutante, angelo custode dei campionissimi. Una figura messianica a metà tra il portatore di acqua e l’alleviatore di sofferenze. Tira, insegue, spinge, poi lotta per arrivare entro il tempo massimo. Qualche volta, nelle rare giornate di libertà vigilata e condizionata, riesce addirittura a vincere.
L’origine della parola è latina, ha la stessa radice di gregge, che nel ciclismo è il gruppo. Storie di borracce, storie di stanze, storie di ruote, storie di abbandoni, storie di fughe, storie di traini, storie di premi, storie di Giri d’Italia e di Tour de France. Storie di chi, da professionista, non ne ha vinta neanche una. Storie raccontate dai loro protagonisti, da Nunzio Pellicciari a Marzio Bruseghin, da Roberto Poggiali ad Alan Marangoni. Militi ignoti sacrificati al loro capitano, qui esaltati, valorizzati, glorificati come sempre meriterebbe l’epica dei gregari.